XXV domenica T.O., 21.09.’14
LA GIUSTIZIA DIVINA E' SINFONIA TRA DIO E l'UOMO, TRA L'UOMO E L'UOMO
Le troppe questioni personali: giustizie o equilibrio?
Giustizia non si coniuga con interesse, nel senso di inter-se: la giustizia richiama allo “iustum”, cioè a quell’ordine che rende possibile la convivenza pacifica gli uni con gli altri, alle intese tra popoli, all’equilibrio che deve sempre sussistere tra diritti e doveri e non lo sbilanciamento degli uni sugli altri. Ma c’è anche una giustizia che vive nella parte più piccola che ci appartiene, cioè a quell’intimo di ciascuno di noi che abbisogna di equilibrio e quiete: giustizia è, allora, pacificazione di sé con se stessi, è condizione per cui ciò che io desidero sta in un giusto rapporto tra ciò che posso cercare, ottenere, conquistare e ciò che non mi è dato. Ma qui, in questo equilibrio distorto sta quella che chiamiamo l’ingiustizia: in un ordine collettivo è lo sbilanciamento tra le convivenze dei popoli; in un odine personale è lo sbilanciamento delle le questioni personali, in un ordine spirituale-religioso è la distanza tra Dio e l’uomo, per cui «i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie», annuncia il profeta Isaia. La giustizia personale ha fatto nella storia – e lo fa ancora – più vittime che mai. In fondo la giustizia inizia nel nostro cuore e lì pone radici di verità o di menzogna, di convivenza o di distruzione.
La giustizia divina è syn-phoné
La parabola dei servi chiamati a lavorare nella vigna racconta la giustizia divina: il padrone distribuisce i suoi beni, la sua paga, secondo un principio di giustizia che sta nel dono di sé e questo costruisce la distanza: «sei invidioso perché io sono buono?». Ed ecco il capovolgimento divino tra ultimi e primi: la giustizia di Dio non sta sul merito dell’uomo (cosa che all’uomo infastidisce), ma sta dentro l’amore divino: Dio si dona e lo fa indistintamente, con gli ultimi quanto coi primi, ma a tutti concede di stare dentro la sua casa, dentro la sua terra da arare, perché ogni uomo possa sentirsi sempre e da sempre chiamato, cercato, amato: così, ad ogni ora «anche voi andate a lavorare nella mia vigna». E la paga del lavoro? Per il padrone è syn-phoné: Dio costruisce sinfonia, cioè equilibrio di suoni chiedendo a ciascuno il suo suono, la sua presenza, superando ogni distanza tra gli uomini e ogni gelosia tra loro. Così Dio è giusto, così Dio è distante dai nostri pensieri. E la distanza sta in quella alleanza che Dio mantiene nella fedeltà alla parola data «non hai forse concordato con me per un denaro?».
Tra merito e giustizia, quale sarà il guadagno?
L’ interesse è la parola che orienta ogni scelta: in fondo se non vi è un ritorno anche personale credo sia complesso per ciascuno decidere e scegliere. Tuttavia l’interesse sta nel guadagno, cioè nel ritorno a sé di qualcosa che possa dare ragione al mio impegno alla mia fatica, per cui «abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». Ma la logica divina ci chiede altro: non mormorane e non essere geloso dell’agire divino. Lì sta la sinfonia su cui dovremmo imparare a lavorare di più, perché per ciascuno vivere è «guadagnare Cristo».