XXIX domenica T.O; 19.10.’14
RICONOSCERSI POTENTI O SERVIRE L'UOMO CON POTENZA?
Il potere: confusione tra governo e servizio
Nella volontà dell’uomo è da sempre iscritto il suo desiderio di farsi spazio nella storia, di trovare il giusto posto nella propria vita, di preparare la sua mente con raffinatezza perché non soccomba sotto i desideri e le volontà altrui. Ma è anche vero che, se questo stile di vita dice una parte della nostra verità, altrettanto comprensibile è il fatto che chi arriva ad occupare posti di governo, di reggenza, di management, come anche quelli di coordinamento, di presidenza, di responsabilità dentro ogni forma di vita comunitaria, dovrà considerare la sua posizione non come un potere di conquista ma come un servizio per il bene di tutti. E qui ci si scontra con quello che viviamo nel nostro piccolo, tra le nostre case dove nelle famiglie si vive il potere della proprietà che divide e accusa; nei rapporti di amicizia quando scadono in giochi di potere sull’altro fino a farlo soccombere; nel lavoro dove l’interesse del profitto è al servizio della concorrenza più che della persona… per arrivare al governo nella Chiesa quando anche alla gestione della res publica nello Stato. Il potere, se non è nella scia del servizio, è in fondo una forma narcisista di autoaffermazione e segno di una grande povertà interiore. Qui ha origine la domanda dell’inganno: «è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» volendo farisei ed erodiani raggirare Gesù con la premessa dell’ipocrisia «sappiamo che sei veritiero e che non hai soggezione di alcuno». E sarà la verità di Gesù a svelare l’inganno.
Una moneta: l’iscrizione e l’immagine. Dio o Cesare?
La domanda che vuole far accusare Gesù è occasione per il Cristo di rimettere a fuoco la giustizia divina e quella umana: «a Dio quel che è di Dio e a Cesare qual che è di Cesare», frase che non dice la divisione di due poteri, ma la verità di entrambi. All’uomo che governa spetta il suo tributo, quello della moneta. Ma a Dio che ama l’uomo spetta restituire ciò che gli appartiene: la sua immagine divina che Egli ha posto nel cuore dell’uomo. Dunque ad entrambi bisogna restituire, ciascuno secondo la sua parte ma senza la confusione. E Gesù interroga i suoi ingannatori per svelare loro l’ipocrisia della domanda: «questa immagine e l’iscrizione di chi sono?» volendoli riportare alla verità della riflessione. C’è qualcosa di esteriore che appartiene agli uomini perché vi sia una buona convivenza sociale, per cui al potere di governo va restituita la sua giustizia – purché non sia segno di spadroneggiamento. Ma l’uomo non può dimenticare che anche Dio vuole il suo tributo: cosa restituire a Dio? Come sentirsi parte di Lui? Questa è la domanda che Gesù pone: ed io cosa restituisco a Dio della mia vita?
L’uomo: immagine dell’immagine di Dio
«Maschio e femmina li creò, a sua immagine li creò»: c’è una verità verso la quale abbiamo il dovere di appellarci ed è la nostra identità di uomini e donne capaci di Dio, poiché Egli ha seminato in noi la sua grazia, il suo amore, il suo Spirito. Quanto di noi restituiamo a Dio nella quotidianità? Oppure ce ne siamo scordati di essere immagine di Dio? Immagine del suo Figlio Gesù: noi siamo a immagine dell’Immagine divina.