XXIV domenica – 14.09.’14 – Esaltazione Santa Croce

CROCE, CATTEDRA DELL’UMILTA’ DIVINA

croce crociDentro la logica divina: donarsi per sconfiggere

Apparentemente è sconfitto! Di fronte alle grande attese della folla, Gesù è la delusione per eccellenza. La sua parola ora ha fine, le sue azioni di grazia sono concluse, le sue mani segno di accoglienza indistinta ora grondano di sangue e sono lì, bloccate, inchiodate, ferme. Il suo sguardo penetrante l’animo e la storia di chiunque ha incontrato ora si perde nella ricerca del Padre. Ma bisogna entrare nella logica divina per comprendere la Croce: quale logica? Gesù rivela chi è Dio e Dio è Padre che ama e ama donandosi: Egli si dona nella Creazione, entra nel tempo con il suo Figlio Gesù, e sempre si dona con il suo Spirito. Non poteva non concludersi così la vita di Gesù; una vita spesa nel dono di sé verso gli altri, ora il dono diventa dono divino per tutti. Osiamo chiamarla “divina necessità” espressa da quel «bisogna che sia innalzato il figlio dell’Uomo»: bisogna e innalzare, un duplice verbo dove prende forma l’iniziativa divina (dèi; imperativo divino – è necessario; hypsoo: innalzare), dove in questo elevare/innalzare leggiamo il duplice significato di ascendere al trono e venire appeso. Che in Dio vi sia amore forse non è complesso crederlo, ma più impegnativo è stare di fronte alla sua volontà di annientarsi per amore. Dunque non sconfitto, ma donato! Lo stile divino è e resta quello del dono di sé.

La sua Cattedra: il legno della Croce

L’umiltà non è uno scherzo! Umiliarsi è anche annientarsi, diventare fragile nelle mani di altri è riconoscersi vulnerabili e impotenti. Ma questo è l’insegnamento divino: non annientarsi per essere schiacciati, ma svuotarsi per meravigliare tutti nel segno dell’amore. Così come ana madre, un padre che siano tali fanno continuamente spazio nel loro tempo e nella loro storia perché un figlio abbia a crescere a diventare uomo dentro la storia. Ma questo svuotarsi di Gesù è il segno della Gloria del Padre e come Figlio «non ritenne un privilegio essere come Dio»: egli porta il peso della Croce perché anche la Croce abbia il suo nuovo significato. E’ il Crocifisso a dare senso alla croce e non il contrario: quello strumento che fino ad allora era strumento di morte, ora con appeso il Figlio di Dio diviene strumento di salvezza. Lì, da quella altezza Gesù racconta un Dio che non ci guarda dall’alto in basso, ma che si lascia guardare, ammirare, contemplare. Qualcuno ancora per insultarlo, qualcun altro forse per stupirsi dei confini dell’amore.

Il Crocifisso: la sua Croce le nostre Croci

Non è sufficiente definirsi cristiani, discepoli di Gesù solo se guardiamo alla vita di segni e miracoli che egli ha dispensato tra la gente: c’è anche la Croce, quella Croce che oggi è diventata peso per la fede di alcuni e indifferenza forse per troppi. Comprendere la Croce non ci è dato se non quando siamo sotto la Croce, se non quando la viviamo, se non quando la portiamo. Il Signore entra nella nostra sofferenza con la sua sofferenza e chiede di essere accolto: Egli «attira tutti a sé» non per guarirci ma per salvarci; e ci innalza fino a Lui. Dirsi cristiani è molto più che fare ogni tanto un po’ di bene. Ogni tanto dare un po’ di amore.