XXIII domenica T.O., 7.09.’14

IO E L'ALTRO FACCIA A FACCIA: PORZIONE DI UMANITA', PORZIONE DI CHIESA

faccia a facciaSiamo Chiesa se siamo autenticamente umanizzati

Non tutti sono d’accordo sul fatto che il perdono è ciò che disumanizza la nostra umanità: nessuno è capace di perdonare, perché il perdono è solo di Dio, è azione divina di misericordia. Chi di noi è in grado di perdonare veramente? Nemmeno siamo capaci di dimenticare, al massimo releghiamo nei meandri nascosti del cuore e della mente fatti o parole che ci hanno disgustato e offeso, ma è sufficiente un nonnulla perché un torto subito torni a vibrare e scorrere tra le vene. Ancora più difficile, forsanche più complesso è stare di fronte al male che un amico, un fratello, un vicino commette: ancora più grave se è un fratello nella fede, un membro della comunità dei battezzati, un discepolo di Gesù. Lo scandalo che si crea non è relegato solo all’atto del male, ma nasce dal fatto che chi lo compie è un amico del Signore Gesù, un suo vicino, un figlio della Comunità, «un tuo fratello» dice Gesù. Egli chiama accanto a sé e accoglie nella sua cerchia uomini e donne con storie segnate da debolezze e fatiche che verranno fuori anche nel momento della testimonianza, così ciascuno di noi può rivedere in loro qualcosa di sé. Anch’io posso essere uno di loro, per cui Gesù dice a tutti «se il tuo fratello commette una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo», perché il male più grande è lo scandalo nella Comunità. Gesù non tollera che la sua Chiesa sia segnata dallo scandalo, certo ammette uomini peccatori. Ma non vuole che sia il male, il peccato a farla da padrone su ciascuno. Abbiamo bisogno di umanizzarci e quindi «vai» e abbi cura di tuo fratello, per cui «se ti ascolterà lo avrai guadagnato», cioè lo avrai reintrodotto nella vita della Comunità.

Fare discernimento per portare il peso

Un forte richiamo al senso dell’essere Comunità, dentro la Comunità, membri di una Chiesa che cammina, che incontra volti, ascolta storie, condivide fatiche e sorregge nella difficoltà perché «se due o tre si metteranno d’accordo per chiedere qualcosa, il Padre gliela concederà»: in una Comunità è esemplare la responsabilità di uno verso l’altro, sotto il peso dell’altro, pazienti (in greco, hypomoné). Non è facile andare verso il fratello che sbaglia, non è immediato trovare parole per mettere a fuoco il male visto, non è semplice restare quieti quando si ha accumulato collera verso qualcuno. Occorre fare opera di discernimento: quiete, brezza dello Spirito, preghiera e silenzio diventano necessari perché il fratello vada verso il fratello per portare il peso e la fatica dell’altro. Mitezza e umiltà, senza alcuno spirito di vendetta perché solo dove «due o tre riuniti nel suo nome», lì c’è Dio, c’è il suo Spirito, c’è fraternità, c’è la Chiesa.

Nuove vie di riconciliazione per essere figli, fratelli, Chiesa

Camminiamo su nuove vie di riconciliazione perché ognuno sia «sentinella», come dice il profeta Ezechiele: vegliare su di sé e vegliare sugli altri è vincere lo spirito di meschina indifferenza e mancanza di responsabilità che spesso attraversa la nostra vita di fede e viviamo come cristiani gli uni verso gli altri. E’ necessario riscoprirsi «debitori l’uno dell’altro se non» solo nell’amore. Perché la carità «non fa alcun male». Non allontanare nessuno…e non accettare che qualcuno se ne vada. Mai.