XXII domenica T.O., 31.08.’14
AMATI E SEDOTTI DALL'AMORE: IL DISCEPOLO DI UN DIO CAPOVOLTO
Camminare bene per vivere e vivere un cammino buono
Quando pensiamo alla nostra vita come a un cammino, ad un procedere sempre in avanti, non possiamo evitare di considerarne le gioie che guidano i passi, consapevoli che i nostri orizzonti sono guidati da attese e speranze; ma vi sono anche le fatiche che impegnano il cammino stesso: scelte che interpellano le nostre decisioni, chiedono di fare sacrifici, di muoversi secondo passi opportuni su strade che ci auguriamo non disastrose. A tutto ciò si aggiunge e si intrecciano le parole, gli sguardi, l’aiuto di altri che si affiancano a questo nostro camminare sempre più. Non da ultimo gli imprevisti: veri e propri muri davanti agli occhi, veri pesi sul cuore e matasse difficili da districare nella mente; vere e proprie «pietre d’inciampo», le definisce Gesù. Ma la sua parola non è ai fatti che succedono, bensì alle persone che li creano: così è per Pietro, «tu mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Dove lo skandalon è un intralcio al cammino, una pietra in mezzo ai piedi, una radice che sporge dal terreno. Chi siamo? E cosa siamo per altri? Nel cammino della vita pensiamo più ciò che Dio vorrebbe per noi o ciò che noi vorremmo per noi stessi? Camminare è vivere, ma vivere un buon cammino significa anche vivere bene e procedere verso il bene.
Abbandonare, rischiare, seguire: oltre una fede ortodossa
Il discepolo è colui che cammina, che segue il suo maestro, che «si mette dietro di lui» così come Gesù indica a Pietro e lo stile si fa ancora più preciso quando, rivolto a tutti, Gesù afferma «quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo ma perderà la propria vita?». Il discepolo non è differente dal Maestro: la Croce è lo scandalo più grande di Cristo, evento che ci fa conoscere un Dio capovolto, che dona la sua vita, un dono che Gesù stesso afferma essere un «doveva andare» (in greco “déi”, è necessario, bisogna) nella città della Pace. Ci abituiamo troppo a un dio lontano da quello di Gesù: uno che sta dentro le formule, che non sconvolge i piani di nessuno, a cui basta essere pregato o celebrato. E questo ci rende più satanici, più diabolici persino di Pietro che non accettano la libertà di un Dio che si fa conoscere così, più disposti a dire «non ti accadrà mai», anziché come dice il profeta «mi hai sedotto e mi sono lasciato sedurre» o come afferma Paolo, «una vita gradita a Dio come sacrificio vivente». Abbandonare, rischiare, seguire sono i verbi del vero discepolo: abbandonare le proprie certezze, rischiare per scoprire in noi il nuovo che sta latente in noi, seguire per dirci sinceramente di essere dietro a qualcuno.
Gesù è Dio capovolto: la vita non comoda del discepolo
Ciascuno «prenda la sua croce e mi segua»: significativo l’invito di Gesù quasi a dire che se c’è un’unica croce di Cristo, tuttavia vi è una croce per chiunque risponde alla sua chiamata. Nessuno di noi sceglie in prima istanza di essere discepolo ma lo diventa grazie all’invito di Gesù e, col dono perseverante della sua grazia, eccoci prendere forma come veri discepoli: sedotti dall’amore di un Dio capovolto, differente. Che rende differente la nostra vita e il nostro cammino di vita. Verso un senso.