Terza settimana di Quaresima 23.03.14
Gesù e la Samaritana. La Grazia divina ci incontra e ci interpella.
Il cammino. Gesù, uomo della Trinità, cerca l’umanità
Conosciamo la vita di Gesù quale uomo in cammino al punto da dire che il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo: ma il cammino dell’uomo Gesù è il cammino che la Trinità compie quando esce da sé e si incarna, si abbassa, si svuota. Esce da se stessa per amare e farsi amare, per incontrare, per seminare il germe dell’eternità in ogni uomo e per non abbandonarlo più, e ricostruire in lui l’immagine divina che il peccato deturpa e rovina. La Trinità in cammino è stile del divino e Gesù, uomo della Trinità, fa del cammino il suo habitus, così fino al cammino sul monte della Croce. E così dalla Giudea cammina verso la Galilea, la Terra della Promessa, ma doveva passare dalla Samaria: non è vero! Salendo la valle del Giordano il cammino sarebbe stato più piano e facile. Dio non doveva passare di là, in mezzo a una terra pagana, eppure Dio sfida se stesso per incontrare l’uomo. E incontrare ogni uomo è per Dio una necessità. Così come per ogni uomo ha camminato nell’incarnazione, ora per ogni uomo solca la strada di chi è perduto, lontano. Quale umanità cerca il Signore? Tutta. Quella che lo ama e quella che lo rinnega; quella fedele e quella disprezzata; quella in cammino verso di Lui e quella che da Lui ogni giorno si allontana. Perché la Grazia di Dio è ostinata nell’amore.
La stanchezza. Necessità per incontrarsi, per dialogare
E’ scontato che un lungo cammino sotto il sole dica la stanchezza e chieda un po’ di riposo. Ma come pensare che Gesù, affaticato per il viaggio sedeva al pozzo di Giacobbe: la stanchezza è occasione per incontrare, non per lamentarsi, come il popolo in cammino nell’esodo quando reclama contro Mosè perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli? Ma l’uomo deve fare e darsi una svolta. Nella fatica non avviene il contrario? Non siamo forse noi a cercare il Signore nella stanchezza? Pensiamo alle nostre debolezze, alle miserie, alle inquietudini, alle ansie, alle preoccupazioni, fino alla miseria più profonda che è il nostro peccato. E spesso, pur così inguaiati, a stento cerchiamo il Signore. Eppure è Lui che fa della nostra stanchezza l’occasione per incontrarci, per parlarci, per dialogare, per chiederci, per interrogarci E’ il Signore che, nel suo cammino, si ferma e ci attende per ristorarci, per darci l’acqua vera che disseta: ma noi conosciamo il dono che Dio ci fa? Gli chiediamo l’acqua della vita? Dobbiamo tornare ad essere come la donna di Samaria, capaci di lasciarci interrogare dal Signore, a dialogare con Lui, attenti alla sua parola che ci trasforma.
La Grazia ci precede. E ci attende: abbiamo dimenticato l’anfora
Del lungo dialogo tra Gesù e la Samaritana cogliamo l’evento divino che trasforma l’umano: ogni uomo, ogni donna – piccolo o grande che sia – in dialogo con Gesù, cambia. Il dialogo è la forma che mette in relazione e svela chi si ha di fronte: un dono o una condanna. Con il Signore, il dono è quello della fede, come Paolo scrive ai cristiani di Roma che solo mediante la fede abbiamo l’accesso a questa grazia. Ecco che il Signore siede sotto l’arsura dell’ora sesta, mezzogiorno: il picco della fatica è acuto, insopportabile. Eppure Egli è lì, ci attende perché ci ha preceduto. Ci attende per farsi dono. Così sarà della Croce: ci attende perché Egli l’ha portata prima di noi e la dona a noi. La Grazia ci precede sempre, perché ci solleva e ci accompagna. Ma anche ci trasforma: nessuno resta lo stesso dopo l’incontro col Signore, chi resta e chi se ne va, chi è fedele e chi non torna più o chi torna dopo tanto tempo. Sì, perché al pozzo tutti abbiamo dimenticato la brocca, come la donna che se ne andò in città, lasciando la sua anfora. Lì, a quel pozzo e davanti a quell’anfora, il Signore ci aspetta. Ci vuole incontrare. Ancora oggi. Sempre.