Quinta settimana di Quaresima 06.04.’14
Dobbiamo risorgere dalle nostre piccoli morti quotidiane
La morte ci turba. Ma prima ancora ci interroga
Un’esperienza da cui non siamo esenti nessuno è certamente la morte corporale; e il solo sapere di dover morire da una parte ci inquieta ma dall’altra ci permette di essere realisti di fronte al nostro stare nel mondo: sì, la morte interpella la vita, il quotidiano, il gusto e il sapore che diamo alla volontà di vivere. In fondo la morte è l’unico evento umano che interroga la nostra esistenza e quella degli altri come Marta nel dolore dice a Gesù se tu fossi stato qui, mio fratello Lazzaro non sarebbe morto. Perché anche l’amicizia, le belle relazioni edificano vite buone, aperte, amabili. Pensiamo a quanti erano radunati al sepolcro di Lazzaro. Ma più passa il nostro tempo più sono sempre meno i giorni che aprono ai desideri e alla speranza: non ci si rassegna, ma deve nascere la consapevolezza che noi siamo abitati dallo Spirito di Cristo e a Lui apparteniamo, dice San Paolo. Inutile vivere una vita da duri con se stessi e gli altri: anche chi non si sposta di un solo centimetro, dopo tutto farà parlare solo la sua durezza anche dopo morto. Insomma, in vita possiamo essere altro, potremmo essere uomini e donne già risorti.
I nostri sepolcri. La morte quotidiana dello Spirito
Ma per dirci risorti dobbiamo fin da ora essere tali. Pensiamo anzitutto ai tanti nostri sepolcri: le nostre chiusure, la presunzione, il bastare a se stessi, il nostro ascoltarsi poco, il debole confrontarsi, essere sempre con l’ultima parola tra le labbra, giudicare, accusare… Sono le nostre piccole morti quotidiane che stanno chiuse nel sepolcro del nostro orgoglio, della nostra cattiveria, della gelosia e peggio ancora della menzogna dove certamente l’odore di marcio è più fetido dell’odore di Lazzaro che giace già da quattro giorni nel sepolcro. La morte dello Spirito è più grave della morte corporale: se quest’ultimo può risorgere, la prima non può essere riportata in vita se non dalla parola ferma, decisa, tuonante di Cristo vieni fuori. Solo la Parola vivente del Padre può ridare vita a ciò che vita non è più: la Parola di Gesù è la Parola preveniente della Grazia che ci riporta nel giardino dell’Eden edificato nell’armonia, nella pace, nel bene.
La risurrezione. Il giardino della vittoria quotidiana
E così risorgere altro non è che vivere fin d’ora la pienezza di ogni istante di vita: più abituati a perdere tempo, a rimandare, a de-responsabilizzarci quando invece sappiamo di poter essere gente bella, buona di vita, terreno abitabile per cui anche il Signore si commuove e piange di fronte alla mia esistenza e si turba per me. Gesù si avvicina al sepolcro di Lazzaro ma non entra perché il Signore sta di fronte al male, al peccato, alla morte, ma non si corrompe con essi: Egli è Signore dei vivi e dei morti, Egli è la risurrezione e la vita. Siamo Figli perché battezzati e in noi vive lo Spirito di Cristo che vivifica ogni nostro istante: nessuno può vivere nelle tenebre, anzi chi vediamo stare nelle tenebre, dobbiamo liberarlo, scioglierlo e lasciarlo andare, perché il Cristo dà ai suoi discepoli – e alla sua Chiesa – anche questo mandato. Vincere il male nel quotidiano ci rende discepoli per l’eternità. Quindi risorti.