OGNISSANTI – 1 Novembre 2017

SANTITA' E' CAMMINARE, TRA PASSI E ORME

passi-ormedal Vangelo di Matteo (5,1-12a)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Camminare, tra passi e orme

 

È santo chi cammina cercando di scegliere sempre il bene
senza scandalizzarsi per ogni volta invece che fa ancora il male,
allungando piuttosto la mano verso Colui che sempre ci aiuta a rialzarci.
Essere santi è riconoscersi nulla e bisognosi di quella mano”.

Con queste parole Agostino invita a prendere in sera considerazione il significato della santità che tutt’altro è che considerarsi perfetti o giusti. È il cammino della nostra vita a raccontare a noi stessi la nostra santità e quando lo racconta a noi, nello stesso tempo lo narra anche a coloro che stanno attorno a noi, a coloro che in qualche modo hanno a che fare con la nostra vita. “Santo è chi cammina cercando di scegliere sempre il bene”: così è la nostra vita, un cammino fatto di quotidianità, intrecci di storie, di volti, di emozioni, ma anche intreccio di eventi, di impegni, di cose da fare, di responsabilità, intrecci nei quali si dispiega in modo sempre così misterioso – e a noi sempre ben cosciente – il desiderio di bene, di stare sempre più bene fino “a stare sempre bene”, direbbe San Massimo il Confessore.  Un bene che è la misura alta della nostra vita, che tuttavia si confronta e si scontra giorno dopo giorno col male più quotidiano fatto di sguardi cattivi, evitati, sospettosi, insieme a parole inutili, arroganti, pretenziose, egoiste, offensive, giudicanti e critiche. Ma “non scandalizziamoci per ogni volta che facciamo il male”, perché la santità è un cammino in cui ciascuno di noi prende atto di dei suoi stessi fallimenti, delle sue delusioni, dei suoi errori davanti ai quali non può trovare sempre giustificazioni, ma ai quali si deve opporre piegando la sua stessa accidia, questo malanno dello spirito che pervade sempre più la nostra vita. Non scandalizziamoci, cioè non fermiamo il nostro cammino, continuiamo a camminare tendendo la mano “verso Colui che sempre ci aiuta a rialzarci”. Sono pochissime le volte in cui ci si riesce ad alzare da soli, e a volte queste riprese sono più pericolose delle stesse cadute perché possono nutrire in noi egoismo e fierezza di sé. L’universale bisogno dell’altro è invece quello spazio che si apre davanti alla mia arroganza e mi rende più umile: avere bisogno dell’altro significa fare dell’altro una presenza significativa, importante, necessaria. Così lo è tanto per Dio quanto per il fratello: “allungare la mano” significa anche sentirsi impotenti, feriti, ma non falliti. Ed infine “riconoscersi bisognosi di quella mano” altro non è che diventare noi stessi: in fondo se ci pensiamo bene, ciascuno di noi può dire la sua storia grazie alla presenza di altri. Altri che si affiancano e altri che ci contrastano, ma ciascuno dice a noi stessi chi siamo. Dunque “beati” cioè fortunati, amati, se rigeneriamo le nostre quotidianità, giorno dopo giorno, dentro il cammino della nostra vita. Un cammino che sarà sempre importante non solo per i passi che facciamo, ma per le orme che lasciamo.