31.12.’16 – ULTIMO GIORNO dell’ANNO
IL TEMPO, L'UOMO E DIO
dal vangelo di Luca (2,16-21)
In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Introduzione
“Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”: Maria ci consegna l’impegno di mettere insieme (syn-ballein) ciò che abbiamo vissuto in questo anno che si chiude. È il compito di mettere insieme quei pezzi che hanno costruito la nostra vicenda e che spesso posizioniamo qua e là, quando invece messi insieme, l’uno accanto all’altro, costruiscono il quadro di ciò che di fatto siamo stati.
Il tempo che passa ci conduce
Ancora un anno si chiude alle nostre spalle e questo trascorrere inesorabile del tempo ci impone una doverosa riflessione su noi stessi. Tutti sappiamo per definizione che il tempo è una successione di istanti, intesa sempre come una estensione illimitata, tuttavia capace di essere suddivisa, misurata, e distinta, in ogni sua frazione o momento. Ma è anche vero che potremmo interpretare il tempo come un vettore che conduce e trasporta nel passato, presente, futuro, ogni nostro attimo che racchiude dentro di sé emozioni, attese, desideri, ansie, dubbi, perché. E quando lo fa, certamente non lo fa in modo passivo, poiché in fondo ciascuno di noi nel tempo cambia, quasi portati sempre a dire che il tempo ci cambia. Il tempo conduce per mezzo di se stesso tutto ciò che noi siamo, ciò siamo diventati e ciò che potevamo essere e non lo siamo mai stati sia perché n on abbiamo voluto esserlo sia perché non abbiamo potuto; il tempo conduce anche ciò che non dovevamo essere eppure lo siamo stati. Insomma il tempo non illude nessuno: il tempo è onesto con noi stessi e dunque è signore; è proprio lui a metterci di fronte a noi stessi, che lo vogliamo o no; sia che ci fermiamo un attimo per riflettere, sia che corriamo impavidi cercando di sfuggire alle nostre stesse ombre. Il tempo passa, trascorre, non può essere mai fermato, detta le sue leggi e ci conduce piano piano, giorno dopo giorno a dare un senso a ciò che siamo. Esso direttamente non ci chiede nulla, ma in modo implicito ci fa comprendere come e quanto lo usiamo nel peggiore dei modi: se ci va bene riusciamo alcune volte ad essere soddisfatti di ciò che abbiamo fatto o di ciò che siamo stati, nel caso contrario tutti invece ci accorgiamo di come lo tiriamo da ogni parte dal mattino alla sera e dalla sera al mattino, notte compresa. E così ciascuno di noi riconosce di “aver perso tempo” o di “non avere mai tempo” sufficiente per ogni cosa, ogni giorno, accusandolo di essere spietato con noi. In definitiva: noi diamo la colpa al tempo, eppure quali colpe esso ha se non quella di non essere perfettamente vissuto da noi nel migliore dei modi? Il tempo non dipende da noi, eppure tutti noi abbiamo a che fare con il tempo. Nasciamo, viviamo, moriamo: il tempo segna, così, la nostra venuta al mondo, il nostro stare nel mondo e persino il nostro uscire dal mondo. Esso viene prima di noi e se ne andrà dopo di noi: c’era prima che noi arrivassimo e ci sarà quando noi non ci saremo più. Il tempo era prima di altri che ora non ci sono più e sarà di altri ancora che verranno dopo di noi. Eppure il tempo che passa ci insegna la cosa più nobile che stiamo dimenticando sempre più: noi lo viviamo di corsa e con ansia, esso invece ci insegna la cadenza giusta; noi lo viviamo nella superficialità e nella noia, esso ci richiama alla responsabilità e all’impegno; noi lo viviamo incrociandoci qua e là; esso ci rivela che le vere relazioni tra noi sono quelle nelle quali spendiamo bene il nostro tempo. Ecco perché il tempo è un signore, perché ci invita a prendere sul serio la nostra vita, attimo dopo attimo, giorno dopo giorno, anno dopo anno, finché ci sarà concesso di stare nel tempo.
Il Tempo per Dio è Tempo dell’Uomo
Perché, dunque, il tempo è così importante? Perché il tempo è un dono di Dio; Dio stesso nel natale di Gesù si è fatto “Eterno nel Tempo” volendo dare al tempo un nuovo significato perché la sua creatura più bella, creata a sua Immagine era nel tempo: l’uomo! Sì, Dio si è fatto Tempo perché ha amato – e ama tuttora – ogni uomo e ogni donna e con essi tutta l’umanità che vive nel tempo. Dio che è Eterno senza tempo è nato per vivere nel tempo, stare nel tempo, soffrire, morire e risorgere nel tempo. Dio ha iniziato ad amare l’uomo quando l’uomo è entrato nel tempo, eppure l’uomo chissà come mai non ha più tempo per Dio: vivere la vita nel modo in cui il Signore Gesù ci ha insegnato significa dare tempo a Dio; e più l’uomo da tempo a Dio, più l’uomo si riconosce uomo con gli altri e per gli altri. Quando l’uomo annulla nel suo tempo il tempo per Dio, allora egli diviene un uomo disumanizzato, non più capace di vivere il tempo, ma solo impegnato a sopravvivere ad esso. Ecco perché il tempo si è ammalato, perché l’uomo che vive nel tempo è un uomo malato: siamo sempre di fretta, e il tempo ci ha ammalati di schizofrenia; siamo annoiati, e il tempo ha seminato in noi l’ansia e la depressione; non abbiamo tempo, e il tempo ci fa incontrare tra noi quasi come estranei. Ma se il tempo è dono di Dio allora esso è buono: buono per rinnovarci nelle relazioni; buono per ridonarci il giusto posto nella storia; buono per ritrovarsi con se stessi, con gli altri, con Dio. Impiegare male il tempo, da un estremo all’altro, è un peccato che Dio difficilmente credo Dio potrà perdonarci.