31.12.’15 Ultimo dell’anno
IL PERICOLO DI UNA VITA CHE PASSA FACENDO ALTRO
dal vangelo di Luca (2,16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
La tirannia del tempo
Giunti alla fine dell’anno, una riflessione sul tempo è certamente doverosa, ma credo sia opportuno parlare non solo del tempo che passa, ma soprattutto del tempo in relazione alla vita che passa, che trascorre, che si distende nel tempo. Tutti abbiamo una certa percezione del tempo, se non altro perché abbiamo esperienza della propria vita che scorre nel tempo. A volte abbiamo la sensazione che alcuni momenti della nostra vita, in particolare quelli più belli, più buoni, più vivibili, siano sempre meno e quando ci sono, sembrano essere minacciati proprio dal tempo che passa, mostrandosi quasi invidioso della nostra felicità. E così esso si mostra più come un tiranno e, piuttosto che darci occasioni e opportunità per vivere, ci offre inesorabile il suo passare, il suo trascorrere, come se tutto fosse fugace: la sua accelerazione ha generato in noi ansie, schizofrenie, fretta, ma anche superficialità, poca serietà, poco impegno. Facciamo fatica a restare dentro gli impegni presi, perché non è vero che abbiamo altro da fare, ma ciò che si fa spesso è così ordinario, normale, cadenzato, che annoia. I ritmi della vita lavorativa sono diventati nevrotici, così come lo sono spesso le relazioni in famiglia o nelle amicizie. Stress e stanchezza sono il resoconto ordinario della fine di ogni nostra giornata di ciascuno, grandi e piccoli. Tutto ciò perché il tempo lo abbiamo frantumato nelle tante miriadi di cose da fare e la nostra vita oggi è un giocare all’incastro: il tempo, visto così, non è più uno strumento per vivere, ma è diventato il mezzo che ci autodistrugge. Se «muoviti» è l’imperativo che apre le nostre giornate, «non ho tempo» è la risposta ad ogni invito. Eppure, ecco la contraddizione, nessuno può uscire da questo tempo: siamo quindi condannati dal tempo?
Le opportunità nel tempo
Ma il tempo è anche occasione di relazione, di incontro con l’altro; è uno spazio di riflessione su di sé e su altro attorno a sé; è tempo di valutazione su scelte prese o su quelle da prendere, è occasione per tornare dentro di sé nella memoria di chi siamo e di chi desideriamo essere. Il tempo, dunque, se lo guardiamo da un’altra angolatura offre a tutti e a ciascuno l’opportunità di crescere e di maturare, di vivere la vita nel segno della responsabilità personale, perché essa sia più vivibile e, anche se immersa nelle molte cose, è tuttavia una buona vita. In fondo il tempo è sempre in relazione con la nostra storia: l’uno e l’altra non possono essere letti in modo separato, anche se a volte entrano in conflitto; ma sappiamo bene che la qualità della nostra vita dipende sempre dal tempo che dedichiamo alla sua formazione e alla sua crescita, quindi all’amor proprio. Ma il tempo passa inesorabile e spesso non ci rendiamo conto della ricchezza che abbiamo tra le mani. Siamo certi di due cose: anzitutto che il nostro tempo passa e più passa, più si avvicina la nostra fine – e questo ci deve fare riflettere; ma è vero anche che Dio si è fatto visibile nel tempo e lo ha reso sacro, cioè importante e vivibile, consegnandolo alla nostra responsabilità. Perciò, per un credente in Gesù, il tempo perso è un peccato che difficilmente credo Dio potrà perdonarci: perso perché vissuto nella irresponsabilità.