29.10.’17 – XXX^ dom T.O.

NON DORMIRE SULL’AMORE RICEVUTO

dormire-sullamore-1

dal Vangelo di Matteo (22,34-40)
In quel tempo i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.  Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Introduzione

L’amore di Dio è primo nell’ordine dei precetti, l’amore del prossimo è primo nell’ordine della prassi” (Ev. Jo., 17,8). Sono le parole che Agostino utilizza per mettere a fuoco una certa dinamica dell’amore: non vi è un prima e un subito dopo, piuttosto vi sono due inizi dello stesso amore dove uno necessariamente implica l’altro: sono due modi diversi di amare dell’unico amore. Per Agostino ciò che separa la Città di Dio dalla Città del diavolo è la differenza dell’amore che si ha per Dio e per sé: cambia la direzione, ma non il modo di amare. Non possiamo dimenticare che l’amore ha differenti forme di declinazione: la conoscenza, la stima, il rispetto, l’affetto, l’intimità, la sessualità. Eppure in queste e in altre sue forme, l’amore è sempre un dono che ciascuno fa agli altri o un dono che riceviamo dagli altri: ci meravigliamo quando siamo amati e forse ci chiediamo il perché, ma ci stupiamo anche quando incontriamo qualcuno da amare e ci interroghiamo su come poter amare. Qui ci si accorge che l’amore fa i conti con quello che siamo, carichi di una storia personale fatta di incontri, emozioni, parole: a volte delusi da qualcuno, a volte risollevati da qualcun altro.

La direzione dell’amore vero: verso l’alto, verso l’altro

Nonostante l’amore umano sia necessario e indispensabile poiché l’esistenza dell’uomo è piena solo nella relazione dell’amore, Gesù mette in luce che l’amore ricevuto genera altro amore: in questa prospettiva diventa interessante quanto dice il filosofo cristiano J. Maritain “il cristiano rischia di dormire su quello stesso amore che ha ricevuto”. L’amore che siamo chiamati a dare a Dio è la confessione della sua unicità, «amerai Dio sopra ogni cosa» e «amerai il Signore tuo Dio» significa anzitutto dare una direzione alta all’amore, ma nessuno può amare Dio se non si mette al suo ascolto «Shemà Israel» (Ascolta Israele) e se non ascolta Dio, non ascolterà nemmeno l’uomo. Amare è un impegno serio, è uno sforzo, a volte una lotta con se stessi, forsanche un’impresa pericolosa poiché non sappiamo dove potrà condurci, può persino stravolgere la vita stessa: a volte ci sentiremo feriti, a volte incompresi, a volte ripagati, a volte smarcati. Amare impegna il cuore, ma anche la mente, la profondità, «cuore, mente, anima» fino a stravolgere tutto, ogni certezza e ogni potenza personale. Riceviamo amore, ma sull’amore ricevuto non possiamo non restare inquieti, non possiamo fare finta di nulla: l’amore che riceviamo ci trasforma e ci rinnova.

Il secondo è simile al primo

Ma c’è sempre un rischio nell’amore: se si riceve un dono, tale dono dovrà essere capace di aprire e liberare se stessi e gli altri. Un amore chiuso nel proprio segreto, vissuto nella sua solitudine, separato dagli altri, corre presto il pericolo di essere dapprima soffocato e subito dopo di implodere, sprofondare dentro se stesso e morire. L’amore che riceviamo da Dio è inclusivo, mai esclusivo: non si può amare Dio senza amare il prossimo, il più vicino, e l’amore per il prossimo deve essere costantemente nutrito dall’amore per Dio. Per Gesù, Dio e il fratello sono inscindibili: nessuna privatizzazione e nessun egoismo. Non dormiamo sull’amore che Dio ogni giorno ci dà.