25.04.’21 – IV dom di Pasqua /B
LA BELLEZZA CHE NASCE STANDO DI FRONTE AL BEL PASTORE
dal Vangelo di Giovanni (10,11-18)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio»
Introduzione
Vogliamo fare una riflessione evangelica sul significato della bellezza, partendo proprio dalle parole di Gesù quando afferma «io sono il buon pastore», sapendo che nel testo greco vi è scritto Ἐγώ εἰμι ὁ ποιμὴν ὁ καλός, dove “kalòs” significa maggiormente “bello”, più che “buono”. Dunque “io sono il bel pastore” dove la bellezza che Gesù intende è quella completa: una bellezza di vita, di storia, di relazioni, di interiorità, di spirito; bellezza della fisicità, degli sguardi, dell’ascolto, della parola. E possiamo risalire al significato del bello fino al pensiero antico, dove anzitutto Platone afferma che “il bello è lo splendore del vero” poiché fin dall’antichità la bellezza era considerata lo specchio dell’interiorità e la bellezza esteriore – che oggi curiamo più che mai – deve diventare sempre più il segno di uno sforzo, di un impegno e di una fatica circa la cura di un certo ordine interiore. Agostino stesso ci direbbe “serba ordinem et ordo serbabit te” (conserva l’ordine e l’ordine ti custodirà). Dobbiamo sforzarci oggi di guardare al Signore Gesù come il Pastore bello che attira il nostro sguardo su di Lui: quando qualcosa ci meraviglia, attira la nostra attenzione; così come quando una persona ci meraviglia per il suo stile, per le sue capacità come anche per le sue fatiche, attira il nostro consenso e parliamo bene di lei, diventando a volte anche uno stimolo per i nostri sforzi e per le nostre fatiche. Gesù è tutto questo: si lascia guardare e vuole che il nostro sguardo sia su di Lui che è immagine della bellezza e della verità del Padre.
Bellezza e idiozia
C’è una frase che è diventata esemplare per il pensiero cristiano e che ha aperto a moltissime riflessioni; è l’espressione “la bellezza salverà il mondo” che troviamo nel romanzo L’Idiota di Fëdor Dostoevskij scritto nel 1869, capolavoro della letteratura russa, ispirato dal dipinto di Hans Holbein “Il corpo di Cristo morto nella tomba” (1521). È solamente curando e difendendo la bellezza che sta in noi, cioè quello che realmente siamo, noi con le nostre scelte, con le nostre fatiche, coi nostri desideri, con le nostre speranze che potremo vincere ogni tipo di compromesso senza deturpare il nostro spirito ma anche il nostro volto…senza passare per “idioti” come lo fu il principe Miškin facendosi abbindolare da un ciarlatano sulle scelte che doveva fare.
Gesù, bel pastore
Dunque, è solo tornando a Gesù bel Pastore che ciascuno di noi può rendere veramente bella e piacevole la sua vita e quella altrui. E la bellezza in noi nasce dall’ascolto della sua Parola, «ascolteranno la mia voce», per mezzo della quale impariamo sempre di più a conoscerci e ad entrare uno nell’altro: «io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre». La bellezza della nostra vita nasce dalla bellezza della Parola di Gesù: chiara, schietta, decisa, ma anche accogliente, comprensiva, misericordiosa. E la nostra vita diviene bella perché sta sempre in ascolto di ciò che è veramente bello e che fa bene e con il quale sempre mi confronto. Per questo non ha senso per un discepolo di Gesù abbandonare dopo un po’ di tempo la sua Parola e smettere di ascoltarla, perché fuori da questa Parola c’è solo «il mercenario» (il salariato), cioè ci sono solo i propri interessi; e c’è anche «il lupo», il male che quando ci prende trasforma le nostre parole in suoni cattivi, giudizi e pregiudizi e rende brutto il nostro volto, oltre che il nostro cuore e il nostro spirito. Dovremmo chiamare a conferma di ciò anche Dante quando scrive “l’amor che move il Sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII) una bellezza iniziale da cui tutto inizia, e a cui tutto tende: una bellezza di partecipazione e che lascia in ciascuno il segno della sua presenza.