13.01.’19 – Battesimo di Gesù/C
RIPENSARSI COME GENERATI PER GENERARE E RI-GENERARSI
dal Vangelo di Luca (3,15-16.21-22)
In quei giorni poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Introduzione
Ogni tanto credo sia necessario volgere uno sguardo all’indietro e rivedere da dove veniamo. Ciascuno di noi ha una storia che gli ha dato una origine e che a sua volta ci consegna a responsabilità e che ci chiede di generare a nostra volta. C’è chi genera nella carne – pensiamo ai figli –, chi genera nello spirito – pensiamo alla vita consacrata –, chi genera nell’umanità – pensiamo a chi offre buoni consigli, a chi indirizza la propria vita e quella degli altri al bene e al vero. Poi dobbiamo pensare anche alle tante forme di ri-generazione: dal peccato alla vita nuova; dall’egoismo alla solidarietà; dalla chiusura all’ascolto; dalla durezza di cuore alla disponibilità e al confronto. Come anche dal fallimento al riscatto, dalle scelte sbagliate a una vita più onesta e più vera. Dalla colpa al perdono. Ma ci sono anche storie che ci hanno generato nel bene e poi sono incappate in strade malevoli, cattive, superbe, superficiali, arroganti: e ci hanno resi tali. Come anche ci sono storie che ci hanno generato negli abissi delle tenebre e ne siamo usciti giungendo fino alla vera luce. Insomma: che lo vogliamo o no, nessuno di noi si fa da se stesso, e ogni volta che generiamo o ci ri-generiamo abbiamo in qualche modo e in qualche misura bisogno degli altri. Bisogno di altri. Fosse anche solo il loro incoraggiamento. Rinasciamo perché veniamo generati ogni volta, e così cambiamo e ci guardiamo dentro riscopriamo la propria identità, il proprio “chi sono?”.
Io, figlio generato nel Battesimo
Così è così anche per la nostra fede: riceviamo il dono del Battesimo ma poi che fine fa il nostro essere diventati figli? La mia identità, il mio posto di fronte a Dio è quello della figliolanza, dell’obbedienza, cioè di colui che è stato generato e che a Lui resta legato. Dio vuole dire la sua parola definitiva su di noi, come quella detta su Gesù al Giordano «in te ho posto il mio compiacimento»: c’è un Dio che rivela e rivendica la sua paternità in quell’uomo in fila coi peccatori, che condivide la storia degli uomini e che si lascia inabissare nelle acque del Giordano, a cui dice «Tu sei il Figlio mio, l’amato». E noi che ne abbiamo fatto del nostro Battesimo? In modo analogo ci domandiamo: oggi un padre, una madre potrebbero dire la stessa cosa del proprio figlio? Come anche potremmo domandare ai figli: a che punto io figlio metto nel cuore e sulle labbra di un padre e una madre il piacere di stare alla mia presenza? Spesso smarriamo l’essere figli e, indifferenti e superficiali, quando arroganti e presuntuosi, dimenticando la parola che ci ha generati.
Immersi nello Spirito e “capaci di Dio”
L’immersione di Gesù al Giordano dice il mio essere immerso e battezzato come Cristo e in Cristo, richiama l’origine della mia fede, l’essere figlio. Gesù rivela per sé e per ciascuno di noi di essere “capax Dei”, capaci di Dio, capaci di vivere una esistenza che ha a che fare con Dio, perché anche su di noi riposa il suo Spirito. Ecco perché generiamo vite buone, e possiamo ri-generare vite migliori. Nessuno di noi sceglie di essere figlio: lo diventa per volontà di altri. Forse oggi dobbiamo riscoprire questa relazione per capire chi siamo, sia come umanità, sia come umanità amata da Dio.