1 nov 2021 – I SANTI
Rallegratevi ed esultate
dal Vangelo di Matteo (5,1-12a)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Riflessione
“Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più.” (Oscar Wilde)
Celebrare la solennità di tutti i santi significa imparare a fermarsi anche solo un attimo per contemplare il vero significato della felicità, non quello che intendiamo noi di un sereno star bene, o di un tempo lungo senza problemi o difficoltà o incomprensioni. Felicità non può essere nemmeno ridotta ad una sensazione per cui mi sforzo di fare il possibile perché almeno ciò che gira attorno a me non mi sia di intralcio e non mi procuri fastidio. Questa è semplicemente una felicità egoista e presuntuosa: egoista perché mi allontana dagli altri e presuntuosa perché pretende di leggere la propria storia con delle lenti offuscate e illusorie.
Nell’inno programmatico che Gesù proclama ai suoi discepoli e alle folle che lo ascoltano, comprendiamo che la felicità che ciascuno cerca nella propria vita è una felicità di contrasto e non di allontanamento e di illusione. Gesù non parla di felicità ma di “beatitudine” perché la felicità è la sensazione dell’istante o del momento, mentre la beatitudine è uno stile che impegna il tempo e la vita. Dunque essere beati è molto di più che essere felici: essere beati significa dare un senso alla nostra vita, un orientamento, una direzione; scrutare e conoscere e fare propria una ragione per cui vale la pena vivere e dare la vita. E proprio le beatitudini ci consentono di ridisegnare questo percorso di senso per la nostra vita, dentro alle nostre vicende che si declinano nei giorni che passano e si dipanano tra grovigli di fatiche e di desideri e speranze. Ecco quella che potremmo chiamare “felicità di contrasto” cioè beatitudine secondo il linguaggio di Gesù:
- non sono beato perché tutto va bene, ma lo sono perché nella ricchezza e nel guadagno del mio lavoro e della mia fatica so essere povero in spirito;
- non sono neppure beato quando piango e sento il peso della fatica e del dolore, ma lo sono perché nella mia tristezza trovo consolazione;
- non sono beato perché posso gloriarmi dei miei possedimenti, ma perché nelle mie scelte quotidiane so essere mite, prudente, attento;
- non sono beato perché trovo sempre ragione e verità in ciò che faccio, ma lo sono perché sono affamato e assetato di vera giustizia;
- non sono beato perché mi commisero e mi umilio, ma perché dentro ogni mia fragilità so trovare e dare misericordia iniziando da me stesso;
- non sono beato perché ho innato nel cuore il desiderio di Dio, ma perché mantengo il mio cuore nella purezza e nel candore umano;
- non sono beato perché impegno tutte le mie forze nella pace contro ogni piccolo sopruso, ma lo sono perché sono strumento e portatore di condizione di fraternità attorno a me.
Ecco dove nasce quel “rallegratevi e gioite”: lo stile di una vita cristiana è contraddistinta dalla gioia, dall’entusiasmo, dalla misericordia, dalla rinascita. Questo ci insegnano i Santi e le Sante della storia. Una santità che già tra molti di noi, ma forse non ancora così contagiosa soprattutto in questo tempo di pandemia ancora diffusa dove stanno prendendo il sopravvento la pigrizia, la paura, il sospetto, l’incertezza, l’affanno che hanno già generato in noi un certo egoismo, chiusure, allontanamenti. È proprio qui, in questa nostra storia e in questa nostra vicenda che ciascuno è chiamato a vivere una felicità di contrasto, una vera beatitudine. Oggi la sfida non è desiderare il Regno di Dio e la comunione dei santi, piuttosto è quella di una vita più umanizzata rispetto, meno egoista, e più beata. Il Signore si fida di noi, forse noi dovremmo non solo tornare a fidarci di lui ma a fidarci gli uni degli altri.