1.01.2018 – Primo giorno dell’Anno
LA PROMESSA DI VIVERE COME BENEDIZIONE
dal Vangelo di Luca (2,16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Tempo che va e tempo che viene
Abbiamo salutato e lasciato ormai alle spalle il vecchio anno proponendoci di trovare il tempo per una valutazione su noi stessi e sul nostro modo di vivere il tempo che ha attraversato le nostre storie quotidiane e le nostre vicende di famiglia, di amicizia, di lavoro. Entriamo così nel nuovo anno già carichi di attese e di desideri: l’augurio più grande che ha preso forma fin dalle prime ore della notte e che ci accompagnerà nei prossimi giorni sarà sempre quello di dare un buon saluto a chi incontriamo e chiedere per loro un buon anno sereno, felice, fecondo, augurando cose migliori.
Noi siamo le nostre parole: promessa e benedizione
Noi diventiamo, così, l’augurio stesso che portiamo con noi e le nostre parole confermano ogni desiderio di bene che vogliamo per noi e per gli altri. Desideriamo dare parole buone perché accada qualcosa di meglio rispetto a ciò che si è vissuto, tuttavia nello stesso tempo non possiamo negare anche l’impegno personale che ci aspetta quando auguriamo un bene agli altri, ed è quello per cui non sarà mai possibile un cambiamento generale se io in prima persona non sono disposto a cambiare in me stesso. Fin da ora pensiamo alla famiglia, alla scuola, agli stili dell’educazione, al lavoro, alla chiesa, alla società, alle aggregazioni, alla vita politica e amministrativa, soggetti del nostro vivere quotidiano nei quali non vogliamo demonizzare le fatiche che ci attenderanno; ma nulla potrà cambiare se l’augurio che ci scambiamo e che ci doniamo in questi giorni non è il nostro stesso desiderio di fare qualcosa in prima persona lì dentro in quegli ambienti in cui viviamo. E così ogni promessa di vita buona che auguriamo agli altri deve trovare in noi una solida premessa perché ciascuno sia iniziale artefice del proprio cambiamento. Così diventiamo non solo augurio, ma anche benedizione, cioè uomini e donne capaci di dire-bene, di dare una vera parola buona di riflessione, di sprono, di coraggio, di condivisione a chi incontro sul mio cammino. Dopo tutto la benedizione di Dio sappiamo bene non è un’arte magica per la quale otteniamo da Lui favori interessati: Dio ci bene-dice ogni qualvolta può dire-bene di me, e così nello stesso modo io sono benedizione per altri nel momento in cui abbiamo da dare loro parole-buone per la loro vita.
Senza indugio
Se ieri Maria ci ha invitato ad avere il suo stile di meditare nel cuore, di fare symballein per rileggere la nostra storia nel tempo, oggi sono i pastori a darci l’esempio, i quali senza indugio andarono verso la grotta di Betlemme e nel tornare lodavano Dio. Non esitiamo ad essere benedizione per chiunque incontriamo, anche con chi facciamo più fatica perché la benedizione è un rimedio potente contro il peccato ed è segno di uno stile di misericordia che riallaccia tante fratture. Ma anche sappiamo lodare il Signore per ciò che Lui opera in noi, rendendoci capaci di dare parole di lode e di comprensione. Impegniamoci, dunque, a vivere fin d’ora una vita buona per essere buona parola per tutti; lasciamoci fare dalla Misericordia di Dio per essere misericordiosi con tutti; non indugiamo e non perdiamo tempo.