1.01.’16 Primo dell’anno
LE PROMESSE VIVONO NELLE LORO PREMESSE: DOVE GUARDA E DOVE CAMMINA L'UOMO?
dal Vangelo di Luca (2,16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Le attese e le speranze: dove può guardare l’uomo di oggi?
Ogni anno inizia carico di desideri, di attese, di speranze perché qualcosa cambi rispetto all’anno che si lascia alle spalle. Questo è già un primissimo atto di valutazione, una sorta di resoconto fugace di ciò che si è vissuto, un bilancio che si carica di uno sguardo in avanti. E così il tempo che si è aperto è gravido di attese e di speranze perché avvenga qualcosa di meglio o perché, dopo fatiche vissute, non accada qualcosa di peggio. A volte abbiamo davanti grandi quesiti che aprono ad altrettanti dubbi o tensioni o attese: la famiglia, la scuola, l’educazione, il lavoro, la chiesa, la società, la politica volendo anche cercare di demonizzare le tante fatiche che ci attenderanno; ma nulla potrà cambiare se non cambia il cuore di ciascuno. Tante cose, anche più piccole, più vicine, più legate alla vita quotidiana di ciascuno non cambiano perché non cambia il proprio cuore; perché non orientiamo lo sguardo verso un orizzonte più alto di noi e, perciò, ci riduciamo ad essere miopi, senza andare più in là di noi stessi. Eppure la benedizione divina che apre il nuovo anno va nella direzione opposta: Dio si china sull’uomo e lo benedice (dice-bene di lui): Dio, che è eterno guarda al di là della sua eternità, non si ferma su se stesso, non resta accovacciato dentro un amore esclusivamente divino, ma si apre, si allarga, si dona, scende e incontra ciascuno di noi. Ora se Dio guarda all’uomo, l’uomo a chi sta volgendo il suo sguardo? Io dove sto orientando i miei occhi, il mio cuore, la mia mente, le mie forze?
La promessa e la premessa
Questo è il tempo in cui ci si carica di propositi; si cerca di mettere meglio a fuoco alcune prossime mete; ci si risolleva e ci si rimotiva: ma nessuna promessa può vivere la sua fedeltà se non ha una premessa. Nessuno di noi si può promettere qualcosa di nuovo se non si impegna responsabilmente a costruire in sé quel terreno, quella vita buona, per cui ogni promessa potrà essere spesa nell’impegno, nella responsabilità, nella fedeltà. Perché Dio si è fatto bambino, uomo tra noi? Perché ha amato l’uomo ancora prima di diventare uomo: la sua promessa di amore fedele all’uomo era già una premessa del suo amore da sempre. Forse all’inizio di questo nuovo anno ha senso rinnovare anzitutto la memoria di questo bene che Dio ha verso l’uomo, verso ciascuno di noi, verso di me: Egli ci ama fin nei più piccoli retaggi della nostra storia perché siamo sua immagine, ci ama e ci sceglie anche quando attraversiamo il peccato per farci gustare la sua misericordia; non ci abbandono anche quando gli voltiamo le spalle, lo tradiamo, lo rinneghiamo, lo barattiamo per un nonnulla, perché è Lui che resta fedele, nonostante tutto. Così nessun uomo potrà fare promesse se prima non si impegna responsabilmente su fondamenti che divengano vere premesse di vita autentica, bella e buona.
I pastori “senza indugio” si incamminano e si lasciano guidare dal desiderio di trovare qualcosa di nuovo e di grande: essere in ricerca, in cammino, è nostra responsabilità.