07.05.’17 – IV^ dom di Pasqua

CHI PRENDIAMO PER MANO? CHI SEGUIAMO?

sentiero-camminodal Vangelo di Giovanni (10, 1-10)
In quel tempo, Gesù disse:  «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.  Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».  Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Introduzione
Ascoltare è tipico di ogni relazione: quando ascoltiamo, infatti, non facciamo altro che fare spazio ad una parola che viene fuori da noi e che arriva in noi. Uno spazio che è decisamente chiesto da colui che parla. E ascoltare è, in fondo, anche un atto di deconcentrazione su noi stessi: quando ascoltiamo veramente, noi non siamo più al centro, ma siamo messi nel centro di un altro che rivolge a noi la sua storia. Ma è nella nostra capacità di ascolto che noi comprendiamo anche chi siamo, cioè se siamo attratti da quella parola e se tocca il nostro interesse, oppure se non tocca particolarmente la nostra vita e quindi non risulta coinvolgente. Ma da ogni parola ricevuta nasce sempre un’altra parola: ogni parola genera parola, e quindi il dialogo, il confronto, la scelta di continuare o chiudere un discorso; tornarci sopra dopo un po’ di tempo o non toccare più l’argomento. In fondo viviamo due grandi atteggiamenti nell’ascolto: seguire e condurre.

La vita tra verità e ipnosi

La storia di ciascuno trova espressione, infatti, almeno in due stili: seguire e condurre. Il primo si pone sull’orizzonte della fiducia, infatti seguire è stare dietro, fidarsi, guardare a chi sta innanzi come vera guida; l’altro si pone sull’orizzonte della responsabilità, condurre significa, infatti, vivere un impegno, salvaguardare, proteggere e orientare. Tra questi due orizzonti si pone il nostro quotidiano vivere. Nel primo caso dobbiamo chiederci “chi seguiamo?”. E provoca la domanda di Gesù che, mentre parla ai farisei, interpella noi, me, ancora oggi “di chi ascolto la voce?”, perché molti si pongono come astuti maestri, ma solo chi fa il bene e vuole il bene dell’altro si pone come pastore, guida perché “le pecore ascoltano la sua voce”. Quante parole: parole da ascoltare e parole che ipnotizzano, incantano, affascinano, ma poi in fondo non guidano ma accentrano, non servono ma comandano, non formano ma distruggono. Le parole buone sono visibilità di persone belle, che si sforzano di stare sui sentieri della verità, che non vogliono convincere, ma contagiare e creare negli altri terreni di vita feconda.

La parola rivela e disvela chi sono

Nel frastuono delle proposte e delle tante parole, riflettere sulla diversità delle parole dette e ascoltate è oggi un serio impegno. Se la parola dice la propria persona, il proprio stile, il proprio porsi di fronte agli altri, allora comprendiamo quale rapporto vi sia tra verità e menzogna sulle labbra degli uomini. La parola rivela chi siamo in quel preciso momento, ma anche disvela nel tempo il proprio stile: manteniamo amorevolezza anche quando siamo feriti, ma siamo capaci anche di parole differenti se possiamo scommettere sul proprio tornaconto. Difficilmente siamo disposti a cambiare quando incontriamo l’avversario e così, piuttosto che divenire guide, assumiamo le sembianze “del ladro e del brigante”. Gesù si pone come Pastore, cioè come custode a cui è affidato un gregge, ben sapendo che il guardiano, Dio Padre, attende dal Figlio che nessuno vada perduto. Chi ascoltiamo? Chi seguiamo?