05.07.’20 – XIV^ dom T.O. /A
MITEZZA E UMILTA': SOLO DUE VIRTU'?
dal Vangelo di Matteo (11,25-30)
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Introduzione
“Vergognati di fronte a Dio, umana superbia. Restringiti, umiliati, o uomo a somiglianza di Cristo umile, per non scoppiare a causa del tuo gonfiarti” (Agostino; sermo 70/A). Parole decise e forti che Agostino utilizza per rileggere lo stile della vita di Gesù che egli stesso autodefinisce in questa preghiera come “mite e umile”. In un mondo che vive la fretta e, dopo il tempo del lockdown si sente addosso ogni forma di paura e incertezza, parlare di mitezza e umiltà ci più aiutare a ricomprendere quale sia la nostra posizione nel mondo, di fronte a Dio e di fronte a noi stessi. Di fronte al mondo: mitezza e umiltà sono decisamente scomparse per lasciare il posto all’arroganza e alla presunzione, da quella professionale a quella di relazioni poco empatiche; di fronte a Dio, mitezza e umiltà le abbiamo confuse come rispetto e buona educazione anziché considerarle come vero statuto del discepolo di Cristo; di fronte a noi stessi mitezza e umiltà fatichiamo a farle nostre perché troppo orgogliosi di noi e dell’immagine che abbiamo creato di noi stessi. Insomma a ben ragione è irruente la provocazione di Agostino “vergognati, umana superbia”. Ma se mitezza e umiltà non sono tutto ciò, allora cosa sono? Anzitutto sono lo stile della vita di Gesù: «imparate da me» è l’espressione per cui mitezza e umiltà si imparano volgendo lo sguardo a chi già le vive veramente. Nessuno si inventa umile o mite, ma ciascuno può ben considerare che queste due virtù umane sono anzitutto un habitus della vita di Cristo, per cui conosciamo un Dio che è mite e umile; e se così è il Maestro, così dovrà essere il discepolo. Certo: per il Maestro sono virtù vissute al grado massimo, sono uno statuto teologico; per il discepolo è e resta sempre un cammino di crescita, di tempo e di purificazione che gli permetterà di tenere sempre una misura alta della sua vita, nonostante i suoi tentennamenti e le sue cadute.
Mitezza
In Gesù la mitezza è il riconoscimento del suo insuccesso: sì, ci sembrerà starno ma dopo la predicazione a Cafarnao, Gesù deve lasciare la città perché in pochi lo hanno voluto ascoltare. Il fallimento per Gesù non è occasione di accusa e di denigrazione dell’altro, ma diventa un curvarsi su di sé e volgersi al Padre con la preghiera «ti benedico, o Padre…che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». La mitezza permette a Gesù non di scoraggiarsi tanto meno di allontanarsi dall’altro, ma diventa occasione di preghiera e non di parole orgogliose, pungenti e offensive. Mitezza è la quiete dello spirito, è un esercizio di autodisciplina a cui non ci abituiamo mai abbastanza e che dobbiamo fare ogniqualvolta ci si presenta l’occasione. E così ci si mostra più mansueti, meno ostili.
Umiltà
L’umiltà non è l’abbandono delle nostre qualità, non è un annientarsi, ma è lo sforzo che permette di riconoscere il proprio humus, la terra della propria vita, chi realmente siamo, cosa realmente abbiamo fatto o detto. Umiltà è lo sforzo di coltivare meglio possiamo la nostra esistenza sforzandoci ogni tanto di stare un po’ più curvi su di noi per far germogliare in noi l’arte dell’ospitalità dell’altro: «venite a me»: come può venire a me qualcuno se io non sono accogliente? Gesù ci invita a ripensare a umiltà e mitezza come uno stile divino possibile anche per l’uomo. Per ciascuno di noi. Un cammino che possiamo fare tutti. Basta solo iniziare.